RIVA 1920: CENT’ANNI D’AMORE PER IL LEGNO
Un cuore. Il dono più prezioso che una persona possa riservare a un’altra. E prezioso lo è anche per Maurizio Riva, imprenditore geniale, vulcanico, generoso, visionario, iperattivo, proprietario, insieme ai fratelli Anna e Davide, di Riva 1920, iconica azienda di Cantù specializzata nella creazione di mobili unici di legno massello. Un dono, quello che Maurizio Riva riserva agli amici e alle persone speciali, realizzato nella preziosa materia, il legno, con la quale, da cent’anni, nella sua impresa mani sapienti creano vere e proprie opere d’arte dell’arredo, frutto di un sapiente mix di artigianalità e industrializzazione, di tradizione e innovazione. Si percepisce tutto, accarezzando la superficie liscia di quel cuore. Si legge il rispetto per la natura, tradotto nel mantra che ama ripetere Maurizio Riva: “il nuovo lusso è abitare in uno spazio sostenibile ed ecologico”, ma anche la filosofia sottesa a questa storica azienda, con la quale viene motivata ogni azione quotidiana che in essa si compie: “produrre con onestà per tramandare alle generazioni future, costruendo mobili in legno massello in grado di sfidare il tempo nel pieno rispetto dell’ambiente”. Parole intense, intrise di significato, concretizzato e perpetuato giorno dopo giorno da quel lontano 1920. Oggi l’azienda è molto diversa dalla piccola bottega artigiana a conduzione familiare fondata dal nonno dei fratelli Riva. Negli anni, infatti, la passione e la perseveranza, oltre che la creatività e la conoscenza della preziosa materia, hanno consentito una crescita importante, grazie alle intuizioni imprenditoriali e alla cura per il prodotto di Maurizio, Davide e Anna, che è andata di pari passo alle collaborazioni con architetti di fama internazionale tra i quali, ricordiamo, il famoso e celebrato Renzo Piano, la californiana Terry Dwan, De Lucchi, Chipperfield, Boeri e molti altri, oltre 130, troppi per citarli tutti. Incontriamo Maurizio nel Riva Center, uno spazio dal profilo unico che ha ridisegnato lo skyline di Cantù, dove troviamo 1200 metri quadri di show room al piano terra nel quale le opere vengono esposte al pubblico, un interessante museo del legno al primo piano con 8.000 pezzi che partono dal 1750, mentre il secondo accoglie il tavolo Pangea, simbolo di Expo 2015 a firma di Michele de Lucchi, e una xiloteca con 950 tipi di legno provenienti da tutto il mondo. E poi, ovviamente, tutt’attorno la produzione, suddivisa in tre fabbriche a qualche minuto di distanza. Una produzione all’insegna della sostenibilità, dove le parole d’ordine sono riuso, taglio programmato e controllato, tutto al fine di garantire un equilibrio unico nel suo genere tra il rispetto per l’ambiente, la qualità e longevità del prodotto.
Maurizio Riva ha una mente lucida e brillante. Insieme ai fratelli Anna e Davide è anima e animatore di iniziative volte a promuovere la cultura, costantemente, alla ricerca di nuovi stimoli. In Riva sono stati persino capaci di donare nuova vita alle briccole, quei pali in legno di quercia protagonisti indiscussi di Venezia, che guidano le imbarcazioni e segnalano la bassa marea nella laguna e che periodicamente vengono sostituite a causa dell’usura. Rese uniche dall’operosità delle teredini, piccoli molluschi, le Briccole vengono trasformate in Riva 1920 in pezzi d’arredo esclusivi in grado di trasmettere un’emozione speciale. Maurizio, con il quale passeggiamo tra le sue meravigliose creazioni, incarna, insieme ai fratelli, l’anima di questa impresa. Ci mette la faccia, ogni giorno. Fa video, va sui social, in televisione e racconta, descrive, insegna. Appassiona con la sua passione. Ci guardiamo attorno mentre ci porta alla scoperta dei segreti di questa impresa. Ogni opera pronta per la spedizione al cliente è coperta da un telo rosso marchiato, in piccolo, con il nome dell’azienda. Perché rosso? Semplice, risponde Maurizio sorridendo, perché è il colore che più di ogni altro richiama l’attenzione da riservare ai preziosi prodotti finiti. Tra un saluto ad ogni collaboratore che incontriamo – Maurizio ha una buona parola per tutti – e una verifica sui tavoli costruiti con legni Kauri di 48.000 anni fa, rigorosamente dissotterrati da esemplari ormai senza vita da anni in modo da lasciare intatti quelli ancora viventi, vogliamo conoscere nel profondo questa impresa così unica nel panorama italiano.
Maurizio, tu sei un imprenditore abituato a guardare sempre avanti. Ma in occasione di una ricorrenza così importante come i 100 anni della tua impresa è normale guardare al cammino fatto fino ad oggi. Qual è la sfida più importante che ricordi con maggior piacere?
La sfida più importante è quella che non ho ancora vinto. Non è una frase fatta. Mi riferisco a una vera sfida, iniziata nel 2020. L’ambizione di rimettere in sesto la governance dell’azienda. Rappresenta un aspetto cruciale e ti prego di sottolinearlo nell’intervista: nell’impresa c’è l’imprenditore che è un po’ artista e per forza di cose deve delegare e, soprattutto fidarsi. Visto che hai voluto iniziare questa intervista parlando del cuore, mando un messaggio con il cuore in mano ai miei colleghi imprenditori: state attenti, fate grande attenzione ai consulenti. L’imprenditore non deve solo creare, lavorare, fare l’artista, ma deve anche imparare a valutare i consulenti. Ne va della solidità dell’impresa. Se non si sta attenti si distrugge un territorio, perché un territorio senza imprese e senza cultura non ha futuro. Ma c’è un altro aspetto fondamentale: le generazioni imprenditoriali durano se sono composte da poche persone o se sono una squadra! Cari colleghi, state attenti!
Messaggio chiarissimo! Ora parliamo di formazione. È sempre stata un tuo pallino, vero?
In dodici anni sono stato invitato a parlare in quindici università come Politecnico, IULM, Domus Academy e molte altre. Credo sia bellissimo che un falegname venga chiamato per raccontare ai giovani la propria azienda. Lasciavo ad ognuno di loro un ricordo, prodotto naturalmente in profumato legno di cedro del Libano: un cuoricino, un ovetto, una trottolina. Grazie ai social, moltissimi di loro mi hanno contattato a distanza di tempo per manifestarmi l’entusiasmo di essere stati presenti a quegli incontri. Fino a prima di questa pandemia andavo anche dai più piccoli. Sono sempre stato molto vicino ai cinque Centri di Formazione Professionale del territorio, cercando di aggregarli in un percorso che aveva il Salone del Mobile come esperienza altamente formativa. I giovani sono fondamentali perché rappresentano l’unica fonte a cui attingere per salvaguardare il futuro di questo settore.
Com’è il rapporto con i designer di livello internazionale, alcuni vere e proprie archistar, che collaborano da anni con voi?
Accade che alcuni ci chiamino o che altri siamo noi a cercarli e a proporre una collaborazione. La cosa che mi fa piacere è che quando ci presentiamo come Riva 1920 ci conoscano in tanti e accettino quasi sempre. In questi anni siamo arrivati ad avere fino a 130 designer. Con alcuni la collaborazione è restata limitata ad un progetto, con altri prosegue da anni come con Renzo Piano, Mario Botta, Terry Dwan e molti altri. È chiaro che ci sono costi di gestione importanti per realizzare progetti e, ovviamente, la ricerca e sviluppo, ma da questa sinergia, dalla piccola Riva che lavora con i grandi designer, c’è un vantaggio reciproco e riconosciuto.
Tu credi molto nella sostenibilità tanto da averla indicata come il vero lusso. Cosa significa e, soprattutto, quali sono le azioni che hai introdotto nella tua impresa per renderla davvero concreta?
Sostenibilità significa produrre per tramandare, con materiali sani, con flessibilità, tradizione e con finiture naturali. È proprio l’incrocio tra il nostro piccolo know-how e le idee sapienti di questi designer che ci consente di portare avanti, tramandare, una storia per le prossime generazioni. Amiamo dare una seconda o addirittura terza vita al legno. Pensiamo alle briccole: da albero, quindi dalla loro prima vita hanno avuto una seconda vita diventando i pali delle acque di Venezia ed ora la terza vita come affascinante elemento di arredo.
Sei sempre stato un grande comunicatore e con l’avvento dei social ne hai immediatamente compreso le potenzialità utilizzandoli in prima persona, come si usa dire, mettendoci la faccia.
Ho sempre avuto l’obiettivo di riuscire a portar fuori la nostra manualità, di farla conoscere al grande pubblico. Fortuna ha voluto che non riuscendoci da solo, ho trovato una persona capace che mi sta aiutando ed abbiamo creato un vero e proprio ufficio di comunicazione social. Con il suo supporto giriamo clip da massimo due minuti in cui intervengo personalmente ripreso dalla telecamera per raccontare un’idea, un progetto, un prodotto e, periodicamente, postiamo questi contenuti su Linkedin e Facebook. Essere social, però, a mio avviso, non vuol dire solo questo. Con il supporto di un’altra giovane figura abbiamo creato una sorta di fiera virtuale.
E in cosa consiste?
Abbiamo iniziato dal Canada e Stati Uniti. Abbiamo preso in considerazione tutti i paesi dai 5.000 abitanti in su e andiamo alla ricerca, in ognuno di essi, di tutti gli art decorator, gli architetti e rivenditori di arredi italiani presenti. A ognuno di loro inviamo una nostra presentazione nella quale per prima cosa ci scusiamo e spieghiamo loro che lavoriamo con designer di altissimo profilo come Renzo Piano, Philippe Starck, Mario Botta. Questa è la nostra fiera virtuale. I risultati stanno già arrivando. E se da queste migliaia di contatti il ritorno fosse anche solo del 4%, cosa vogliamo di più?
Da diversi anni, a parte l’ultimo in cui il Covid ha impedito ogni contatto fisico, hai organizzato appuntamenti di alto profilo culturale che nonostante la grandezza della tua sede hanno sempre registrato il tutto esaurito. Qual è l’obiettivo che ti sei posto?
Il mio desiderio era quello di rianimare una città un po’ morta sotto il profilo culturale. Era una grande festa vedere questi grandi personaggi, che per me sono veri amici, attrarre migliaia di persone e lasciare cultura sul territorio. Mi tremano ancora le vene quando ripenso a Gualtiero Marchesi con cui abbiamo fatto la pasta truciolo per Carla Latini o al dolce truciolo realizzato insieme al pasticciere Marra. O ancora a Vittorio Sgarbi che ha presentato il suo bellissimo libro. Ma sai qual è la cosa più incredibile? Non ho mai pagato un euro a nessuno di questi grandi personaggi per venire qui. Sono sempre venuti per amicizia e per la loro condivisione del mio progetto culturale.
Pensi, terminata la fase difficile di questa pandemia, di riprenderli ad organizzarli?
Devo dirti la verità. Non ci siamo mai fermati. Abbiamo cambiato solo la modalità. Amiamo i contest. Proprio a febbraio abbiamo promosso l’8° Design Award “Accendi la tua idea” per la progettazione di 5 nuovi pinetti in cedro profumato da aggiungere alla nostra collezione. Il concorso è parte del progetto La Rinascita: perché il mondo rinasca c’è bisogno di mettersi tutti in gioco e a disposizione per portare gioia e serenità per il prossimo anno! Noi ci mettiamo in gioco con il cedro di riuso dai tagli delle nostre lavorazioni, con un premio in denaro, le royalties e la possibilità di firmare con il nome dell’autore un pinetto che diventerà un prodotto di catalogo. Credo che anche questo sia un modo per stimolare la creatività e le idee!
Dall’alto della tua esperienza, cosa ti senti di suggerire ai giovani?
Il mondo Italia è un mondo malato. Siamo in un momento difficilissimo, come una guerra. Forse peggio. Bisogna avere carattere, passione, non fermarsi e tanta fortuna. E, la cosa più importante, preservare la propria salute. Conosco bene San Patrignano, per cui invito sinceramente i giovani a stare lontano dalle droghe, perché il fisico e la testa poi ne risentono.
Lasciami però concludere con un pensiero: voglio ringraziare di cuore i miei fratelli e le generazioni future che vorranno portare avanti la nostra Riva 1920.
A cura di Stefano Rudilosso.